Nel panorama sempre più affollato degli action-RPG, Blades of Fire emerge come un’opera che punta alla sostanza più che all’apparenza. Sviluppato da MercurySteam e pubblicato da 505 Games, il titolo si afferma come una sorprendente fusione tra atmosfere dark fantasy, azione brutale e un sistema di forgiatura profondamente integrato nella struttura narrativa e ludica.
Un mondo crepuscolare e una maledizione d’acciaio
Il gioco ci trasporta in un mondo piagato dalla cosiddetta “Maledizione del Ferro”, un incantesimo antico che ha corrotto le armi stesse, rendendole fragili, inaffidabili, perfino inutili contro certi nemici. Nei panni di Aran de Lira, giovane guerriero ed ex fabbro della Guardia Reale, il giocatore intraprende un viaggio che è tanto spirituale quanto fisico. Con l’aiuto del saggio Adso, Aran si imbarca in una missione per scoprire le origini della maledizione, legata ai misteriosi Forgers — esseri ancestrali capaci di plasmare metalli vivi.
L’ambientazione è evocativa e stratificata: castelli in rovina, foreste silenziose, cripte dimenticate e città in rovina disegnano un mondo dove ogni struttura racconta una storia. Il level design, pur ispirandosi chiaramente alla scuola dei Souls-like, introduce scorciatoie intelligenti, scorci visivi mozzafiato e una mappa interconnessa che incoraggia l’esplorazione non lineare.
Il combattimento: strategia e brutalità
Il vero cuore pulsante di Blades of Fire è il suo sistema di combattimento. Non ci troviamo di fronte a un semplice hack’n’slash, bensì a una danza tattica fatta di tempismo, precisione e osservazione. Ogni arma ha il proprio peso, tempo di recupero e impatto. Le parate e le schivate vanno calibrate con attenzione, e colpire un punto debole (come la testa o i fianchi) può fare la differenza tra sopravvivenza e morte.

La particolarità? Le armi si rompono. E non solo per logoramento, ma perché la maledizione le consuma. Questo obbliga il giocatore a portare con sé un arsenale variegato e a passare rapidamente da uno stile di combattimento all’altro. Fortunatamente, l’accesso rapido e fluido alle armi rende il sistema dinamico e mai frustrante.
Forgiare è un’arte, non un optional
Dove altri giochi relegano la creazione degli oggetti a un angolo dei menù, Blades of Fire ne fa il centro nevralgico della propria identità. Forgiare un’arma non è solo scegliere un metallo e una forma: significa decidere lo stile di gioco, la filosofia di battaglia, perfino il nome con cui affronterai il destino.
Il sistema permette la combinazione di oltre 30 pergamene runiche con materiali specifici, generando effetti unici — fuoco, gelo, impatto, taglio magico, e via dicendo. Ogni arma può essere riforgiata e personalizzata, ma con un limite: i materiali sono rari, e il legame affettivo che si instaura con la propria creazione diventa parte integrante dell’avventura.

Forgiare un’arma che poi si spezza in battaglia è una perdita dolorosa, che dà ulteriore valore all’equilibrio tra rischio e gestione delle risorse.
Nemici, boss e sfide ambientali
Il bestiario di Blades of Fire è tanto variegato quanto letale. Dai soldati corrotti alle bestie deformi, passando per creature evocate dalla maledizione stessa, ogni avversario rappresenta una sfida distinta. I boss, sebbene non sempre memorabili nel design visivo, brillano per le meccaniche di combattimento e le arene in cui si affrontano. Alcuni presentano fasi multiple, con pattern che costringono a cambiare strategia a metà scontro.
Le sfide ambientali, inoltre, aggiungono ulteriore profondità: esplorare richiede attenzione, osservazione e uso intelligente delle abilità acquisite, come la “visione dell’acciaio”, un potere che rivela percorsi nascosti e segreti nei livelli.
Direzione artistica e comparto tecnico
A livello estetico, Blades of Fire preferisce uno stile semi-realista e stilizzato, con tinte desaturate e giochi di luce accentuati. Non cerca il fotorealismo, ma riesce a evocare un’atmosfera coerente e spesso inquietante.

Il Mercury Engine si comporta bene, soprattutto su PC e console di fascia alta. Il gioco gira stabilmente a 60 fps e vanta caricamenti rapidi. Alcune animazioni secondarie risultano meno curate, ma nel complesso l’impatto visivo e sonoro è solido. La colonna sonora, firmata da un team indipendente, si muove tra tonalità epiche e malinconiche, accompagnando con forza i momenti narrativi più intensi.
Un’avventura che merita il tempo che chiede
Pur non privo di difetti — come alcune sezioni ripetitive e una narrazione principale non sempre all’altezza del worldbuilding — Blades of Fire offre un’esperienza ricca, intensa e gratificante. È un gioco che chiede al giocatore pazienza e partecipazione attiva, ma che in cambio regala momenti di autentica soddisfazione.