In un mondo ormai divorato da un’infezione inarrestabile, Quarantine Zone: The Last Check ci trasporta in una realtà cupa, spietata e intrisa di tensione morale. Il giocatore veste i panni di un ufficiale incaricato di gestire un checkpoint militare isolato, uno degli ultimi bastioni tra l’umanità e la rovina. Ma non si tratta di un banale survival: questo titolo unisce meccaniche da paperslike (alla Papers, Please) a una componente gestionale e tattica che mette a dura prova la coscienza.
Gameplay: la burocrazia incontra l’apocalisse
Il cuore dell’esperienza è il controllo dei rifugiati che cercano di attraversare il checkpoint. Ogni giorno, decine di persone si presentano al cancello con richieste, scuse, documenti veri o falsi e spesso, storie cariche di disperazione. L’interazione è gestita attraverso un sistema di ispezione profondo e stratificato: il giocatore può effettuare esami termici, analisi UV, osservare comportamenti sospetti o sintomi fisici, consultare un manuale operativo militare in costante aggiornamento e prendere decisioni immediate e spesso irreversibili.
A rendere tutto più complicato è la scarsità di risorse: test, medicinali, cibo e persino elettricità sono limitati. Se decidi di sottoporre ogni persona a un esame approfondito, finirai le risorse prima della fine del turno. Se ti fidi delle apparenze, potresti far entrare un infetto o un sabotatore. Ogni errore si paga, ma anche ogni eccesso di zelo.
Moralità dinamica e impatto emotivo
Uno degli elementi più incisivi di The Last Check è la pressione psicologica. Alcuni rifugiati piangeranno, altri mentiranno con sangue freddo, e qualcuno ti supplicherà mostrando foto di figli o familiari. Le loro storie — generate proceduralmente ma con un’ottima cura per i dettagli — rendono ogni incontro diverso. Non c’è mai un giusto assoluto, e l’ansia di sbagliare si insinua dopo pochi minuti di gioco.

Il sistema di reputazione interna (verso la tua guarnigione e verso la popolazione) aggiunge profondità strategica. Essere troppo rigidi può generare ribellioni o diserzioni, mentre essere troppo permissivi porta alla diffusione dell’infezione o all’ostilità dei superiori. Alcuni soldati del tuo team inizieranno a mettere in dubbio le tue decisioni. Altri potrebbero… agire per conto loro.
Gestione del checkpoint: tra costruzione e sopravvivenza
Oltre all’aspetto interattivo con i civili, il gioco presenta una parte di costruzione e mantenimento della zona di quarantena. Il giocatore potrà allocare risorse per potenziare i sistemi di difesa (muri, torrette, droni), migliorare le strutture mediche, creare aree di detenzione, oppure sviluppare nuove tecnologie diagnostiche.
Durante le notti, il gioco cambia registro: orde di infetti possono tentare di superare il perimetro, e la fase gestionale si trasforma in una vera e propria difesa tattica. Decidere se mandare uomini in perlustrazione, costruire trappole o risparmiare munizioni per l’assalto successivo rappresenta una parte fondamentale del ciclo giorno-notte del gameplay.
Atmosfera visiva e sonora: essenziale ma d’impatto
Dal punto di vista tecnico, Quarantine Zone: The Last Check non mira al fotorealismo, ma sfrutta uno stile visivo sobrio, grigio e freddo che ricorda l’estetica post-sovietica. I volti dei rifugiati sono volutamente stilizzati, accentuando la distanza tra il giocatore e le persone che deve giudicare. I colori spenti, la nebbia costante e la luce pallida delle lampade al neon trasmettono un senso opprimente di fine imminente.
La colonna sonora è quasi assente — scelta voluta e coerente — sostituita da suoni ambientali: radio gracchianti, colpi di tosse, pianti soffocati, passi in lontananza. L’effetto immersivo è straordinario e amplifica la tensione di ogni scelta.
Conclusione: tra ragione e sopravvivenza
Quarantine Zone: The Last Check non è un gioco rilassante, né cerca di esserlo. È un’esperienza cruda, intensa e moralmente impegnativa. Ti mette alla prova non solo come stratega, ma come essere umano. Riesce a bilanciare la gestione delle risorse con un’interazione narrativa emergente che spinge il giocatore a riflettere — su cosa sia giusto, cosa sia necessario, e cosa significhi essere al comando quando il mondo sta finendo.