Quando si parla di reinvenzioni videoludiche, raramente si assiste a una metamorfosi tanto ardita quanto quella proposta da Shadow Labyrinth. Bandai Namco Studios prende uno dei simboli più noti della storia dei videogiochi – Pac-Man – e lo smonta pezzo per pezzo, ricostruendolo come un’oscura e inquietante esperienza metroidvania, dalle tinte horror e dalle meccaniche stratificate. Il risultato? Un gioco affascinante, imperfetto, ma assolutamente originale.
Un’Eredità Riscritta
All’apparenza, Shadow Labyrinth potrebbe sembrare un altro indie dall’estetica tenebrosa, ma sotto la superficie si nasconde una reinterpretazione audace. Non più il simpatico mangiapalline giallo, ma un’entità bio-meccanica, “Puck”, che accompagna il protagonista umano, Swordsman No. 8, in un viaggio allucinato in un complesso alieno abbandonato. La premessa è semplice quanto criptica: scoprire le origini del Labirinto e sopravvivere ai suoi orrori. Ma il gioco non si preoccupa di spiegare: Shadow Labyrinth si esplora, si subisce, si decifra.
Esplorazione e Atmosfera: il Labirinto Come Personaggio
Il mondo è un gigantesco organismo interconnesso, ispirato alla scuola Soulslike ma con un’identità propria. Ogni area è un puzzle ambientale, dove percorsi alternativi, scorciatoie e passaggi segreti si intrecciano. Ma più che un semplice mondo da navigare, il Labirinto si comporta come un’entità viva, che cambia al mutare delle abilità del giocatore. L’assenza quasi totale di indicazioni costringe il giocatore a orientarsi a intuito, rischiando la frustrazione ma premiando l’attenzione e la memoria visiva.

Il design è volutamente ostile: ambienti metallici, organici e alieni si mescolano in paesaggi disturbanti, accompagnati da un sonoro ambientale che evoca tensione costante. Qui, anche il silenzio fa paura.
Combat System: Eleganza e Ferocia
Swordsman No. 8 combatte con spada, impulsi energetici e abilità speciali che consumano la barra ESP. Il sistema è agile, tecnico, e punisce la frenesia. Ogni nemico ha un pattern unico, e le boss fight sono veri e propri scontri teatrali, lunghi e drammatici. Il combattimento si arricchisce nel tempo grazie alla possibilità di fondersi temporaneamente con Puck per trasformarsi in una macchina da guerra biomeccanica, GAIA. Queste fasi temporanee ricordano l’intensità di un mech-game e offrono un respiro muscolare in un gameplay altrimenti tattico.
Tuttavia, l’equilibrio non è sempre perfetto: alcune armi sono nettamente superiori, e la progressione è rallentata da un sistema di crafting che richiede “consumo” di nemici – un’idea interessante, ma che può diventare ripetitiva nelle fasi avanzate.
Le Radici Arcade: Rispettate o Tradite?
Nonostante il distacco estetico, Shadow Labyrinth rende omaggio alle sue origini. Alcune sezioni su rotaie, in cui Puck percorre corridoi illuminati a neon, sono un chiaro richiamo ai labirinti originali di Pac-Man. Qui il ritmo cambia: precisione, riflessi e pattern da memorizzare, come in un classico rail-shooter. È un contrasto ben dosato, che spezza l’opprimente atmosfera e dà ritmo alla narrazione frammentata.
Narrazione: Enigmi, Frammenti e Filosofia Sporca
La storia viene raccontata per frammenti: incisioni murali, messaggi incompleti, dialoghi enigmatici con NPC mutanti. L’intento è evidente: creare una mitologia oscura da interpretare. Non tutti apprezzeranno questa scelta, che richiede al giocatore un investimento mentale significativo. Tuttavia, chi ama Dark Souls, Hyper Light Drifter o Returnal, troverà qui una trama volutamente ermetica, fatta più di domande che di risposte.

Grafica e Tecnica: Tra Visione e Limitazione
La direzione artistica è lodevole: l’uso delle luci, delle texture organiche e delle animazioni di alcune creature è disturbante in modo creativo. Tuttavia, le animazioni umane risultano rigide, e alcune transizioni sono scattose, tuttavia su PC framerate è stabile ed anche su next-gen, mentre le versioni console soffrono occasionalmente di rallentamenti durante le fasi più concitate.
Il comparto sonoro, invece, è straordinario. I ruggiti dei boss, i rumori organici delle pareti viventi, le musiche che emergono solo nei momenti più tragici – tutto contribuisce a costruire una tensione continua.
Conclusione: Un Esperimento Oscuro ma Coraggioso
Shadow Labyrinth non è un gioco per tutti. È un’opera che richiede pazienza, dedizione e voglia di lasciarsi sconcertare. È un esperimento riuscito a metà, ma di grande valore per la sua capacità di rielaborare un’icona videoludica in chiave completamente nuova. Le imperfezioni tecniche e la narrativa criptica non minano del tutto un’esperienza che riesce a essere, nel bene e nel male, diversa da qualunque altra cosa in circolazione.